Il cambiamento più gravoso lo ha incassato il professionista antincendio – parte 02

La “rivoluzione Copernicana” è la descrizione che sintetizza la prima parte di quest’articolo (link) in cui abbiamo provato a spiegare come tutto il panorama legislativo stia spostando i ruoli e le responsabilità sugli attori coinvolti nelle pratiche di prevenzione incendi. È comunque utile ricordare che una pietra miliare di tutto questo mondo, resta la VALUTAZIONE DEL RISCHIO in quanto, a prescindere di chi la compie e come, rappresenta il vero strumento per l’approccio al problema incendio. Il passaggio dal prescrittivo del normatore, al prestazionale (o semi prestazionale come va di moda chiamarlo) ha alzato l’asticella della professione e delle competenze necessarie per soddisfare quanto viene richiesto.

Vediamo quindi che, mentre fino a qualche anno fa il progetto di prevenzione veniva fatto da chi si occupava magari anche di tutte le altre tipologie di progettazioni (in quanto lavoro corollario), ad oggi fare prevenzione incendi diventa un po’ troppo ingegneristico per essere fatto una volta ogni tanto al bisogno.

Nel senso che il Codice PI è uno strumento non così immediato come quello che può essere un DM verticale e quindi c’è bisogno di una discreta, se non addirittura, ottima conoscenza di come articolare le 10 strategie. Cambiarne una potrebbe avere delle ripercussioni sulle altre, e se non si ha una certa conoscenza dello strumento, diventa rischioso proprio per quelle che sono, poi, le conseguenze portate dal legame di queste 10 strategie.

Naturalmente ciò non può fare altro che spingere verso i professionisti abilitati (ex 818), che a questo punto devono farsi responsabili di quelle che saranno le scelte, e quindi, di quelli che sono gli approfondimenti che sono assolutamente necessari per poter utilizzare questo strumento di progettazione che, è bene ripetere, richiede una corretta valutazione del rischio incendi. Anche in passato questa valutazione (teoricamente) veniva sempre fatta, ma che ora diventa la BASE della progettazione vera e propria.

Vengono, tra l’altro, introdotte anche delle responsabilità che prima erano, come detto in altre occasioni in questo blog, un po’ più blande… perché sì, un tempo si faceva la verifica documentale di questo o di quello, però in realtà, nell’asseverazione, ora si dichiara la conformità “dello stato dei luoghi allo stato di progetto” e viene dichiarata dopo aver fatto i rilievi, dopo aver provato gli impianti.

In buona sostanza tutto quello che, fino a poco tempo fa, faceva il comando nella valutazione documentale e poi durante il sopralluogo, ora, lo deve fare l’asseveratore prima che firmi le documentazioni.

Tra l’altro, indipendentemente dalla tua provincia di residenza, come a Milano e di certo anche a Torino, i Vigili del fuoco hanno iniziato a fare i sopralluoghi attivi, ovvero che chiedono in fase di sopralluogo di accendere o attivare l’impianto di allarme per vedere cosa succede. Possono anche chiedere di aprire gli idranti o di vedere il piano di emergenza e parlare con uno degli addetti per verificare se le procedure rispettano ciò che è stato scritto.

Quindi la realtà dei fatti è che adesso (giustamente secondi chi scrive) i VVF hanno il ruolo istituzionale di verificare se ciò che è stato dichiarato dall’asseveratore corrisponde a verità. L’asseveratore è infatti calato nel caso specifico, anche perché nessuno più di lui è interessato al fatto che ciò che sia stato detto, promesso, dichiarato ed asseverato sia di fatto poi corretto e realizzato.

Basti pensare che nel caso in cui dovesse succedere qualcosa, sono loro i responsabili di quanto è stato eseguito, se funziona effettivamente quello che è stato progettato e poi realizzato.

Quindi questa rivoluzione, appunto copernicana, è relativa al modo in cui lo si analizza, ma lo strumento attraverso il quale si riesce a fare questa rivoluzione è il passaggio di consegne delle responsabilità.

Tengo particolarmente a precisare che non riguarda solo la fase iniziale asseverativa, ma diventa ancora maggiore e fondamentale in fase di rinnovo.

Consideriamo le attività con un rischio più elevato (quindi le categorie C), comunque i vigili del fuoco vengono a fare il sopralluogo, il DPR 151 dice che le categorie C entro 160 giorni dal deposito della Scia richiedono un sopralluogo ai VVF.

Qualcuno erroneamente potrebbe semplificare il discorso responsabilità e dire: “Se vengono fuori i vigili del fuoco allora la responsabilità è loro.”

No! Loro escono semplicemente a verificare di nuovo le attività che hanno una caratteristica di rischio più elevata, ma comunque l’asseveratore rimane responsabile; in più, in fase di rinnovo, i vigili del fuoco non vengono più fuori, quindi vuol dire che l’asseverazione del rinnovo è al 100% alla responsabilità diretta del professionista.

Mi permetto di fare un’altra una piccola deviazione: una delle strategie, anzi due, che vengono riportate nel Codice PI (e che in realtà erano esistenti anche prima, ma in versione edulcorata, mentre adesso, soprattutto con i DM del 1 settembre 2 settembre 3 settembre, sono diventate di primaria importanza), sono la S.5 e la S.9. S.5 gestione della sicurezza antincendio e la S.9 che possiamo chiamare soccorso dei vigili del fuoco.

Queste due strategie introducono un qualcosa che già c’era prima, ma che veniva sviluppato da altre norme, come ad esempio l’81/08 per quanto riguarda la strategia della gestione della sicurezza.

Tutti pensavano: SI, TANTO DI QUELLO SE NE OCCUPA L’RSPP…

No, non è così! Nel progetto ci sono tutta una serie di condizioni che vengono demandate alla gestione. Nel caso in cui si affermasse di aver demandato alla gestione queste condizioni, senza poi assicurarsi che queste vengano effettivamente demandate, si ha una responsabilità civile e penale.

Civile e penale che è ripartita tra il progettista nel caso in cui non avesse comunicato e concordato questo, demandando la gestione al suo cliente, ed al cliente nel caso in cui non si fosse preso la briga di assicurare che questa venisse gestita in quel modo.

Quindi dire che c’è una gestione, faccio un esempio banale, dell’apertura delle porte in caso di necessità di evacuazione perché non è possibile diversamente attraverso l’automazione, e poi non farla è assolutamente uguale a dire che c’è un impianto sprinkler e poi NON FARLO! È assolutamente identico!

Così come lo è dire che l’accessibilità dei mezzi di soccorso (almeno una finestra di ogni piano) è garantita attraverso l’accostamento dell’auto-scala e poi non assicurarsi che ciò sia possibile, magari perché l’edificio ha una facciata continua. Non realizzare queste cose è un errore progettuale ed è al pari di dire di aver messo l’impianto di rivelazione e quell’impianto di rivelazione non c’è.

Quindi non c’è un’importanza maggiore o minore tra le varie strategie che sono incluse dentro il Codice, tutte quante hanno la stessa importanza, tutte quante le scelte che vengono fatte sono a carico di responsabilità del professionista e non adempiere a una qualunque di queste scelte progettuali, ha lo stesso peso.

Pensare che una gestionale “poi si farà, ma sì…la farà qualcuno…” è un errore del progettista se non comunica la gestionale al cliente e non si assicura che il suddetto cliente possa realmente mettere in campo questo tipo di gestione;

È responsabilità del cliente solo nel caso in cui dicesse di portare avanti questa gestione senza poi realizzarla veramente.

Le responsabilità una volta che vengono passate dai Vigili del fuoco ai professionisti devono essere chiare in prima persona a questi ultimi.

Ai vigili del fuoco erano chiare anche prima, ma non sempre lo erano anche ai professionisti perché venivano fatte da qualcun altro e lette con un pochino più di leggerezza.

Dopo che entra in vigore il Codice, e che viene utilizzato, è opportuno prestare attenzione perché quando si finisce in tribunale l’unica cosa che conta è che quello che è stato scritto, dichiarato, asseverato sia esattamente ciò che si può dimostrare.

Questo è un consiglio personale da parte di chi si occupa di questi aspetti tutti i giorni: attenzione a quello che mettete all’interno del progetto perché sarete chiamati a risponde di questa cosa, anche di quello che riguarda tutta la parte gestionale!

Spesso mi sento dire: “ma io come faccio ad assicurarmi che i clienti poi lo facciano?”

Innanzitutto bisogna assicurarsi che il cliente sia a conoscenza di che cosa vuol dire fare quella misura gestionale, e poi, dopo, basta dare indicazioni di come il cliente debba realizzarla; il buon senso e la buona pratica starà nel capire se il cliente è nella possibilità di farlo.

Diversamente se quella misura gestionale non fosse possibile bisogna trovare una soluzione alternativa. Pensare di rimandarla alla gestione, “ma poi lo metteranno nel piano di emergenza”, ecc. è un errore perché arrivati in tribunale questa cosa conta, e conta anche molto.

Un esempio purtroppo delle cronache che abbiamo sentito tutti è stato l’incendio avvenuto l’anno scorso sulle facciate di un’importante torre di Milano. Non erano state fatte neanche le manutenzioni, che rientrano nelle misure gestionali che si devono garantire, perciò sicuramente di quello qualcuno dovrà rispondere. Nel progetto di prevenzione incendi risultava addirittura che: “una parte di questi interventi manutentivi vengono fatte in modo particolare”. Benissimo, facile scriverlo per mitigare altri costi, ma di questo qualcuno ora dovrà certamente rispondere.

Quindi fate attenzione a quelli che sono i demandi ad una cosa o ad un’altra perché è più semplice, o di cose di cui non devo garantire un’esistenza un po’ più elevata perché attraverso le strategie dei codici si possono calibrare i requisiti che si vanno a mettere nelle singole, quindi posso mettere un po’ meno di resistenza al fuoco delle strutture a fronte di tutta un’altra serie di caratteristiche, perché poi, se quelle caratteristiche poi non vengono garantite, la responsabilità rimane sempre a carico del professionista.

Se di rivoluzione copernicana si parlava nella prima parte, a seguito delle considerazioni discusse in questo articolo possiamo concludere che nel 2022, data l’importanza del tema, dei suoi obiettivi, e soprattutto degli strumenti progettuali ed ingegneristici che il panorama nazionale mette a disposizione, la prevenzione incendi non è più una pratica da poter fare a corollario della propria professione, ma deve essere la professione primaria ove investire tempo in aggiornamento, formazione ed esperienza.

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