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by Alessandro Temperini
Controllo fumo e calore, Discussioni Tecniche15 Marzo 20220 comments

Conosci davvero i sistemi a pressione differenziale per lo smoke management?

Facile parlare dei sistemi a controllo di pressione per lo smoke management, ma sei sicuro di sapere cosa si sta dicendo? Quello che spesso viene trattato è un retaggio vecchio oltre 40 anni che ci portiamo dietro dai DM del 1980, un qualcosa che parla di piccoli ambienti in cui insufflare aria.

Mentre il mercato italiano è distratto da queste soluzioni impiantistiche, il panorama Europeo e la sfera normativa internazionale si sta muovendo velocemente in questo sistema di controllo del fumo e del calore e, indovina un po’, non si riferisce minimamente alle soluzioni utilizzate in Italia anzi…

Seguire i modi di lavorare storici e cercare di forzare la mano per adattarli alle soluzioni italiane lo fa risultare tutto sbagliato. Vediamo in questo articolo la differenza concettuale tra un filtro in pressione e un vano scala in pressione, dato che l’Europa è di questo che parla.

La pubblicazione del codice di prevenzione incendi DM 03/08/2015 e il successivo decreto di modifica DM 18/10/2019 ha introdotto anche nel nostro territorio un nuovo concetto non presente nella vecchia legislazione prescrittiva, il compartimento a prova di fumo. La sua definizione presente nella sezione G del suddetto decreto ci consente di effettuare alcuni ragionamenti.

Per poter considerare un compartimento a prova di fumo il codice definisce l’attuazione di una serie di misure atte a impedire l’ingresso degli effluenti dell’incendio dai compartimenti comunicanti.

Sempre nel codice, proseguendo con lo studio della differenza di pressione per lo smoke management, all’interno della sezione S di progettazione antincendio troviamo, nel capitolo S.3.5.3 dell’attuale RTO, diverse misure antincendio aggiuntive per garantire la protezione dall’ingresso del fumo, tra cui l’installazione di un sistema a pressione differenziale progettato secondo UNI EN 12101-6 o di filtri a prova di fumo a separazione dai compartimenti comunicanti, il tema è stato trattato in questo articolo del blog.

L’adozione di filtri a prova di fumo è una prassi consolidata nella prevenzione incendi italiana, dato che risultano definiti già dal DM 30/11/1983 e richiamati dalla maggior parte dei decreti prescrittivi che hanno costituito l’ossatura della legislazione italiana fino a pochi anni fa.

L’utilizzo di un sistema a pressione differenziale che coinvolga l’intero comparto è invece una soluzione che risulta abbastanza nuova per i professionisti antincendio ma che, come vedremo, permette di realizzare una protezione dai fumi più sicura ed efficiente.

L’applicazione tipica del compartimento a prova di fumo trova spazio nei vani scala che generalmente costituiscono l’unico percorso di esodo negli edifici pluripiano per cui è necessaria una protezione dinamica delle persone dagli effluenti dell’incendio sviluppatosi in uno qualsiasi dei piani.

Andiamo ora ad approfondire la soluzione “classica” mediante il disaccoppiamento del vano scala tramite filtri a prova di fumo. Il concetto cardine di questa soluzione è che tra il compartimento a prova di fumo, nel caso in oggetto il vano scala, e il compartimento in cui si prevede lo scenario di incendio venga interposto un locale filtro fumo atto a separare le due zone e a impedire che gli effluenti prodotti invadano il vano scale che costituisce il principale percorso di esodo.

Le prime criticità compaiono già nella definizione, dato che secondo il paragrafo S.3.5.5 un filtro a prova di fumo può essere realizzato tramite il mantenimento di una sovrappressione di 30Pa, per cui generalmente sono previsti dei kit di sovrappressione che operano con ventilatori che, nei casi più favorevoli, arrivano a circa 4.000m3/h, alimentati da batterie tampone per 120 minuti. Tali sistemi sono efficaci finché le porte del filtro rimangono chiuse, dato che quando gli occupanti dell’edificio nel loro percorso di esodo apriranno le porte non sarà più possibile mantenere il valore di sovrappressione e pertanto il fumo sarà libero di propagarsi per il vano scale.

Per ovviare il problema si può far riferimento alla norma UNI 12101-6 che definisce un contro flusso minimo attraverso la porta di comunicazione in grado di contrastare la pressione dei fumi. La velocità di questo contro flusso può variare da 0,75 a 2m/s e, per ottenere tale requisito, anche nel caso di filtri con solo 2 porte a singolo battente sarebbe necessaria una portata non inferiore a 7.000m3/h, al netto dei trafilamenti dell’involucro. Ne consegue che per ottenere un sistema efficace occorrerebbe l’installazione di più kit o di ventilatori ben più performanti, oltre che dotati di una duplice logica di funzionamento.

Solitamente i progettisti ricorrono a soluzioni standard consistenti in kit di sovrappressione che però, andando ad approfondirne tutti i concetti ingegneristici, non garantiscono il raggiungimento dell’obiettivo alla base della definizione di compartimento a prova di fumo. Un modo per ovviare tutte queste problematiche è pertanto la realizzazione di una pressurizzazione all’interno del vano scale secondo norma UNI EN 12101-6:2005 che prevede una progettazione più complessa, in considerazione delle sovrappressioni da mantenere nelle diverse configurazioni del vano scala, sia con porte chiuse che con porte di piano aperte, e fissa vincoli nelle velocità dei contro flussi d’aria per impedire o minimizzare l’ingresso degli effluenti dell’incendio nel compartimento a prova di fumo.

Questo approccio prevede, oltre alla pressurizzazione del vano scala a vincoli di velocità in prossimità delle porte aperte, specifiche sui punti di aspirazione aria al fine di evitare l’ingresso di eventuale fumo aspirato all’esterno, e uno scarico dei flussi d’aria ottenuti tramite l’apertura di serramenti automatizzati e l’eventuale previsione di una serie di locali con sovrappressioni a cascata.

Sostanzialmente il sistema deve essere in grado di mantenere un valore di sovrappressione dell’intero vano scale con tutte le porte chiuse (+50Pa), mentre al momento dell’apertura di una o più porte, in funzione alla classe richiesta secondo UNI EN 12101-6:2005, dovrà garantire una velocità dell’aria nell’attraversamento delle porte superiore a un valore minimo (0,75 o 2m/s) necessario a impedire l’ingresso dei fumi nel vano protetto.

Va da sé che tale logica, qui estremamente sintetizzata, è vincolata a una approfondita progettazione e a una accurata gestione che prevede la definizione di numerosi parametri tra cui:

  • Portata necessaria al mantenimento della pressione a porte chiuse;
  • Portata necessaria al mantenimento della velocità a porte aperte;
  • Verifica della forza generata sulle porte per effetto della pressione;
  • Definizione dei punti di presa aria per impedire la re-immissione dei fumi;
  • Dimensionamento delle aperture di scarico;
  • Definizione della logica di funzionamento al fine del mantenimento dei parametri di progetto.

Sostanzialmente il ventilatore scelto dovrà essere in grado di lavorare in due punti differenti, il primo punto a una portata minima necessaria al mantenimento dei 50Pa e il secondo a una portata ben maggiore per assicurare il vincolo di velocità, quindi la necessità di una gestione sotto inverter subordinata a un sistema di comando superiore è imprescindibile. 

Oltretutto il sistema dovrà essere strutturato in maniera retroattiva, dove, tramite un sistema di pressostati, verrà rilevata l’apertura di una porta e avviato il ventilatore alla massima portata, riportata poi al valore minimo una volta richiusa la porta.

Un ulteriore calcolo dovrà essere fatto in ogni condizione di funzionamento sulla forza esercitata sulle porte di esodo, che dovrà sempre essere inferiore a un valore massimo, in modo che siano sempre facilmente apribili e che non costituiscano un ostacolo all’esodo degli occupanti.

ella logica deve essere considerata anche la gestione dei punti di presa aria esterna, in modo da assicurare sempre un efflusso di aria fresca e minimizzare la possibilità di ingresso degli effluenti dell’incendio. Per fare ciò è possibile prelevare l’aria dal punto più basso dell’edificio in modo da escludere la presenza di fumo, oppure predisporre due punti di aspirazione adeguatamente distanziati gestiti da serrande che si aprano o chiudano in maniera indipendente se rilevata o meno la presenza di fumo.

In ultimo occorre affrontare il dimensionamento delle aperture di deflusso localizzate nel piano oggetto dello scenario d’incendio, che dovranno essere dimensionate per mantenere l’adeguato flusso verso lo spazio esterno. La norma UNI 12101-6:2005 da indicazioni anche sulle specifiche dei componenti, che dovranno essere resistenti al fuoco in conformità alle norme della famiglia UNI EN 12101 come nel caso dei componenti per sistemi di evacuazione dei fumi.

Da questa breve trattazione risulta evidente che è possibile approcciare un compartimento a prova di fumo con entrambe le soluzioni, ma risulta altrettanto chiaro che l’approccio tradizionale tramite filtri a prova di fumo risulta estremamente semplicistico, mentre la soluzione della pressurizzazione dell’intero vano scala secondo norma risulta tecnicamente più profonda e specifica da un punto di vista sia ingegneristico che gestionale.

Se da un lato lo sbilanciamento tra le due soluzioni risulta a favore della semplicità dei filtri a prova di fumo, dall’altro mette alla luce le criticità di questi ultimi che risultano una soluzione arcaica legata alla vecchia normativa prescrittiva e fuori fase con l’approccio prestazionale del Codice di Prevenzione Incendi.

Di contro la misura antincendio della pressurizzazione dell’intero vano scala risulta tecnicamente più efficace e verosimile in un’ottica in cui il raggiungimento dell’obiettivo di prestazione è perseguito tramite un approccio qualitativo e quantitativo e non attraverso superati concetti prescrittivi privi di un reale riscontro ingegneristico.

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Alessandro Temperini

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