La tenuta dei fumi freddi in un impianto di evacuazione fumo e calore forzato è un aspetto fondamentale a cui spesso non viene data la giusta importanza. Da un punti di vista formale la capacità dei componenti a rispondere a questo requisito viene definita dal parametro “S” nella specifica classificazione, e definita come la capacità di un prodotto di resistere al passaggio del fumo in determinate condizioni di temperatura e pressione.
L’applicazione di questo criterio è pertinente per “Condotte di controllo fumo” e “Serrande di controllo fumo“.
Per poter definire meglio l’aspetto tecnico risulta utile una premessa sul tempo di intervento degli impianti, contestualizzandoli da un punto di vista temporale durante la fase di un incendio.
Ma cosa sono i FUMI FREDDI in un incendio? Come sono definiti?
I fumi freddi sono quei fumi che hanno una temperatura che non riesce a far scattare termofusibili o ampolle termiche, cioè tutti quei dispositivi che innescano il funzionamento dei componenti dei sistemi di protezione all’incendio (serrande tagliafuoco, guarnizioni tempoespandenti, ecc.); solitamente i fumi freddi hanno una temperatura inferiore ai 72°C, per cui troppo bassa per innescarne la fuoriuscita per mezzo di gradienti termici che li spingono verso l’alto.
Essendo impianti di protezione attiva il controllo e la gestione del fumo avviene sin dalle prime fasi dell’incendio, cioè nella fase in cui è più importante la REAZIONE AL FUOCO
In queste condizioni, nella fase definita INIZIO, non sono note numericamente le temperature, ma risultano molto basse, ed intervenire nelle prime fasi significa proprio gestire fumi con queste temperature.
Prima del 2007, con i vecchi componenti, non era possibile lavorare in questa fase ma la nuova normativa e le nuove classificazioni dei componenti permettono di raggiungere questo obiettivo.
Analizziamo ad esempio la tenuta ai fumi freddi delle condotte per impianti SEFFC, in cui la classificazione S implica una perdita inferiore ai 5 mc/h per metro quadrato.
Per le reti di condotte viene da sempre considerato accettabile un certo quantitativo di perdite. La tenuta infatti viene proprio definita numericamente dal suo contrario, cioè le perdite stesse sono definite come la differenza tra la portata complessiva del ventilatore, definita in fase di progettazione, e quella effettivamente aspirata attraverso i punti ripresa.
Per cui: PIU BASSE SONO LE PERDITE DELLA RETE, MINORE SARA’ LA PORTATA DEL VENTILATORE!
E’ ragionevole considerare che il fattore di perdita della rete è strettamente legato alla pressione di esercizio, la norma stessa delle condotte prescrive infatti 3 livelli di pressione:
– 500 Pa (per impianti lavoranti con prevalenze minori di 500Pa)
– 1000 Pa (per impianti lavoranti con prevalenze minori di 1000Pa)
– 1500 Pa (per impianti lavoranti con prevalenze minori di 1500Pa)
la classificazione S indica una perdita inferiore a 5 mc/h per metro quadro alla pressione indicata dal livello.
Tecnicamente avere una perdita elevata significa una maggior portata che il ventilatore di estrazione deve sopperire per garantire quella di progetto, quindi un maggior consumo, inoltre, la non tenuta ai fumi freddi S della rete di condotte, può creare delle fuoriuscite di fumi e di gas tossici lungo il tragitto che le stesse percorrono, quindi in comparti differenti da quelli in cui si è scaturito l’incendio.
In conclusone è naturale affermare che la tenuta ai fumi freddi è uno dei parametri fondamentali da considerare nella scelta dei componenti di un sistema di evacuazione fumo.